mercoledì 23 giugno 2010

Generazione voraci

Non ho molti dubbi, la crisi attuale è una crisi di idee e strutture, di soluzioni che mancano a problemi irrisolti da troppi decenni, rimandati come eredità non voluta a chi sarebbe venuto dopo: noi. Problemi che ora diventano impellenti, e che legano con fili perversi economia, ecologia, ideologie politiche e religiose.

La nostra colpa è di essere nati dopo generazioni che hanno divorato e consumato, come guidate da una fame insoddisfabile, ogni lato del mondo. Sono nato nel 68, allo scadere del mondo "di una volta", che chi prima di me ha pensato bene di demolire, il cattivo quanto il buono, senza distinzioni, a colpi di molotov e P38, rosse e nere. Se c'era del giusto, in mezzo a tanto orrore, tale non appariva agli occhi di un bambino. Ma sono cresciuto, ed ho capito le ragioni che spingono l'uomo a regredire a becera fiera.

Sono cresciuto in un mondo che si scopriva inquinato, tossico e radioattivo, ho raggiunto l'età adulta nell'era dell'AIDS, e sono entrato nel mondo del lavoro prima degli stage, quando ancora esistevano junior che imparavano e senior che producevano, e gli annunci di lavoro coprivano pagine di giornali per volta. Ma mi sono fidato del futuro, ed ho camminato avanti, pur riflettendo alla leggerezza di chi mi lasciava piogge acide e livelli di polveri sottili - ed un giorno, sarei stato senior pure io.

Ho formato le mie paure nell'era della guerra fredda, l'idea di svegliarsi tra russi ed americani impegnati a spartirsi i miei prati, tra radiazioni e controinformazioni, spie e dissidenti, rifugi antiatomici, contatori geiger. Dicotomie del mondo come scolpite su nuove tavole della legge, l'idea che occorreva schierarsi, prima o poi, perché così evidentemente volevano loro, quelli della generazione precedente che avevano creato il bilancio di forze mondiale. Ma ho continuato a vivere, giorno per giorno, crescendo nel fatalismo: se deve capitare, che capiti, non ho voglia di aspettare o nascondermi.

Sono arrivato a quarant'anni, per vedere iniziare il dissolversi dell'economia, tutti quegli annunci volatilizzarsi - finalmente senior, che ora significa soprattutto non portare agevolazioni a chi ti vorrebbe assumere, e magari pure pagarti. Non ci sono più soldi, non possiamo permetterci l'esperienza, continua nello stringere di denti. E sto cercando di andare avanti, e mi rendo conto che non è un proseguire in una strada che migliora, ma è come fuggire mentre la strada dietro di te si sgretola: come in un film catastrofico.

E conosco la prossima parte: perché parole come "pensione" e "ammortizzatori sociali", presto, non avranno più senso e significato. La strada si sgretola più velocemente di quanto possiamo correre.

In mezzo, immutabile nei suoi riti, continua la passacaglia dei poteri forti, politici, economici e religiosi, disinteressati, oltre la faccia - quella esposta ai riflettori - al battito della vita reale. L'unica cosa che è rimasta esattamente com'era, agli occhi di un bambino, trenta anni fa. Nulla di sorprendente che si perda, prima o poi, d'interesse a seguirla.

1 commento:

  1. Terribile...leggere la realtà. Ma è questa... La viviamo di corsa e quasi ci è impedito fermarci e quindi pensare. Scorrere le righe e ritrovare tutto quello che fa franare la terra sotto i nostri piedi è un colpo duro. Ma la consapevolezza potrebbe essere il primo passo per cambiare, svoltare, risalire la china. Chissà, speriamo.

    Irene

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